Monday, May 15, 2006

Non Voglio Che Clara


I giochi di macchina sono raffinati e suggestivi. Hanno portato il nostro sguardo ad allontanarsi dall'Hotel Tivoli, dove i quattro musicisti avevano deciso di racchiudere le loro prime canzoni da tramonto al mare d'inverno. Questo omonimo è il loro secondo lavoro, licenziato per l'Aiuola Dischi, che come recita il motto sociale, è una “etichetta pop piccola ma curata”. E dovremmo ringraziarla molto per aver permesso a queste schegge di anni '60, di musica autoriale, sofisticata ma così leggera, di raggiungere le nostre orecchie. Sì, perché il mercato indie italiano (ma potremmo tranquillamente allargare il discorso a tutt'Europa) sembra refrattario a tutto ciò che non sia vicino al revival wave che ci stanno propinando i cugini d'oltremanica (e lo scrive chi adora gli anni '80 inglesi) oppure non sia in qualche modo accostabile all'interno del filone nashvilliano/chicagoano del post-qualcosa. I Non voglio che Clara sono lontani da tutto ciò, ma lo sono altrettanto dal mondo del mainstream nostrano, fatto più di urlatori di luoghi comuni o mestieranti dei (falsi) buoni sentimenti.


La musica di Fabio Del Min e soci viene direttamente dalla tradizione cantautoriale italiana, ma rifiuta di adagiarsi sui luoghi comuni delle canzoni d'amore. Quella che pervade il quartetto bellunese (pianoforte, chitarra, basso e batteria) è piuttosto un'inquietudine esistenziale, che pervade squarci di vita quotidiana. Che qui assurgono a paradigmi universali. Così profondi da impedire all'ascoltatore di non immedesimarsi: si passa dalle insicurezze e le congetture di un amore incerto (Porno) ai dubbi cosmici scaturiti dalla metafora calcistica (L'oriundo); dalle pure suggestioni cinematografiche (l'esplicita Cary Grant) alle piccole rabbie che si nascondono sotto la pelle per mesi o anni (In un giorno come questo). Al disco partecipa anche Syria, infondendo a Sottile (una tesa complicanza di pianoforte e voce) un'anima profonda, che mi ha fatto tornare alla mente Mia Martini, commuovendomi. Troppi calcoli sembra scritta per le piazzette della Costa Azzurra o il lungomare di Porto Venere, mentre Questo lasciatelo dire (forse il pezzo migliore del lotto) è esattamente come ho sognato il Festival di San Remo negli ultimi anni (cioè praticamente da quando ho smesso di seguirlo).


Forse le mie capacità di giudizio sono falsate dal fatto che i due dischi dei Non voglio che Clara mi sono sempre capitati tra le mani in momenti molto particolari della mia vita, ma la sincerità e lo spessore dei brani mi pare siano una ventata di aria fresca, seppure senza portare sperimentazione alcuna. Soltanto scrivendo ottime, bellissime canzoni. Oppure è vero che quei periodi che ricordo con tale trasporto di sentimento sono stati tali anche grazie alle loro canzoni.

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