Friday, June 30, 2006

Biopolitica: un nuovo fantasma (più che concreto)

Già negli anni '70, nei suoi corsi al College de France, Michel Foucault, utilizzava il termine 'biopolitica' per indicare le nuove pratiche di potere che vengono esercitate sulle decisioni dei cittadini. Oggi più che mai le sue riflessioni contenute in La volontà di sapere e Nascita della biopolitica appaiono attuali, quando le decisioni che riguardano molti aspetti delle nostre vite, intese in senso strettamente biologico, sono oggetto di aspri dibattiti politici. Basta pensare al recente referendum sulla procreazione assistita, al sempiterno dibattito sull'eutanasia o alla bagarre ideologica (non tecnico-scientifica) sulle cellule staminali.

Due recenti libri aiutano a farci comprendere. Il primo è un vero e proprio Lessico di biopolitica (manifestolibri), pensato come un vocabolario, per orientare il lettore nella giungla dei termini. Leggendo le varie voci si può comunque individuare un processo storico che ha portato all'attuale situazione eterodiretta, attraverso un (inconsapevole?) disegno unitario. Ma emerge anche che biopolitici sono i problemi legati ai flussi migratori, al confronto con il diverso, il problema ecologico, la nascita del pensiero ambientalista, l'oscurantismo che ha caratterizzato i disastri tecnologici come Chernobyl.


Laura Bazzicalupo insegna Filosofia Politica a Salerno, e ha scritto Il governo delle vite. Biopolitica ed economie (Laterza) proprio a partire dalle tesi di Foucault, ma occupandosi soprattutto delle ricadute sull'economia dei paesi. Il potere biopolitico è sempre più anarchico, difficilmente decifrabile, avendo la capacità di nascondersi tra le emozioni e i sentimenti dei consumatori, spingendoli verso direzioni, ancora una volta, eterodirette. Due libri che possono servire sia da stimolo di riflessione, ma anche da monito. Non dimenticando di rileggere Foucault.

Monday, June 26, 2006

Amicizie sempre più difficili...

Un articolo apparso qualche giorno fa su repubblica racconta di uno studio che l'American Sociological Review ha da poco pubblicato e che dimostra esattamente quello che ho sempre pensato sul Nord Est: è più difficile che altrove fare nuove amicizie. Nel Triveneto si registra la percentuale più bassa di coloro che si dicono soddisfatti della propria vita affettiva e il numero più basso di "amicizie dichiarate" per intervistato. C'è da riflettere sul "ricco Nord Est".

Se mettono insieme questo studio con il bellissimo romanzo di Massimo Carlotto e Marco Videtta e intitolato proprio Nordest, non ne viene fuori un bel ritratto, proprio in un periodo come questo in cui gli echi dell'ecomafia si stanno facendo sentire un'altra volta.

Allora credo che sia giusto indagare sullo scandalo di calciopoli, indignarsi per la campagna referendaria (e lungi da me non sostenere una Costituzione scritta anche col sangue di chi è morto per questa nostra libertà), ma non dobbiamo dimenticare che il miracolo economico che ha trainato l'Italia dei ruggenti anni '80 lo stiamo ancora pagando salatissimo. E forse non smetteremo mai di pagarlo.

Monday, June 19, 2006


Upsidedown #1
Bologna, May 23th 2006

Monday, June 12, 2006

Professional Business live @ Oficina Buenaventura

Oficina Buenaventura, Castelfranco Veneto
June 3rd 2006

Siamo in pochi seduti al bar dell'Oficina, quasi tutti amici. E ci sentiamo privilegiati: sentiamo di assistere a un piccolo evento, esclusivo, solo per noi. Il palco, piccolo e caldo come una sala prove, è allestito proprio di fianco al bancone e noi ascoltiamo bevendo prosecco, tra foto speculari e pareti arancioni.

All'inizio l'imbarazzo - loro e del pubblico - è palpabile: qualche incertezza negli attacchi, piedi che non si scollano dal pavimento. Ma mano a mano che la miscela di indie rock e funk si amalgama nelle orecchie, i Professional Business si sciolgono. John Cultman comincia la sua personale danza sciamanica, sospeso tra il proprio polistrumentismo (chiatarra disturbata, clarinetto, sax) e la voce che non riesce a farsi incanalare "solo" nel microfono. Gas sembra distante, ma le sue dita sulle corde del basso danno calore ai brani e il suo sguardo è di chi ha delle visioni "superiori". Il motore immobile di tutto lo show è però la chitarra del Doctor G, insancabile macchina da riff.

Certo non mancano i difetti. A cominciare da un ricerca di identità vocale che non è ancora terminata. La necessità di rodare i pezzi, specialmente quelli dove i cambi di strumento sono più frequenti. E forse anche una seconda chitarra non sarebbe fuori luogo, permettendo a John Cultman di proseguire le sue incursioni nel rumore, a Gas di dedicarsi ancora di più a tingere di funk la ritmica, alle pelli di svolazzare. Ma il divertimento è assicurato e mi piace la voglia – e la necessità – di esprimersi di quattro ragazzi veneti, attraverso una musica che non passa per le mode del momento. Se mi puntassero una pistola alla tempia e dovessi dire a chi assomiglia il loro sound, direi Broken Social Scene, ma il Doctor G mi ha assicurato che non ha mai avuto mezza intenzione di ascoltarli! Ah, dimenticavo: avrebbero dovuto suonare anche i Canadians, ma hanno dato forfait per problemi di salute. Nessuno li ha rimpianti per l'ora abbondante del set dei Professional Business.

Monday, June 05, 2006


Monstre #1
Bologna, May 30th 2006